Modena City Ramblers si svelano a SLIDE ( di Tommaso Torri )

Dalla pubblicazione del loro ultimo album Onda Libera, nell’aprile del 2009, i Modena City Ramblers hanno portato la loro musica in giro per l’Italia e l’Europa con oltre 130 concerti che festeggiano i 16 anni dall’uscita dello storico primo disco del gruppo, nato nel 1991, “Riportando tutto a casa”.
La loro ultima fatica discografica, “Onda Libera”, è l’undicesimo capitolo dell’ormai quasi ventennale storia della band emiliana. Si compone di dodici canzoni, scritte, arrangiate e prodotte dagli stessi Ramblers, che, per le registrazioni, effettuate presso la consueta “base” dello studio Esagono di Rubiera, e avvalendosi della collaborazione alle fisarmoniche e tastiere di Leonardo Sgavetti (in tour con la band dall’anno precedente) e di pochi altri contributi esterni.
Già dal titolo si deduce un chiaro richiamo a quello che è il tema dominante del lavoro: il concetto di libertà, interpretato a seconda delle canzoni nelle sue declinazioni più individuali o collettive. I Ramblers si confrontano con questo concetto e scendono in profondità, tra le piccole grandi schiavitù e i guizzi di libertà che animano e condizionano i sentimenti, gli affetti, le idee e i sogni di noi tutti e le utopie, le conquiste, i valori ma anche le mistificazioni e i pesanti condizionamenti che, come società, viviamo e accettiamo o subiamo.
L’uso del dialetto emiliano, da sempre una delle soluzioni espressive della band, si affianca poi a quello partenopeo, con una unione di lingue ed accenti che ribadisce come per la band, nelle differenze e nella varietà espressiva, si possano trovare le occasioni per accostare culture e abbattere confini, più che dividere.
Le voci di Betty e Dudu si alternano nelle varie tracce, assieme ad alcuni episodi di natura più corale, interpretando testi talvolta diretti e immediati, altre volte poetici e metaforici, che si vanno sempre ad inserire nell’alveo della tradizionale scrittura militante e sognatrice dei Modena City Ramblers.
La band sale sui palchi della penisola con un live che, tra le altre particolarità, è anche evocativo di un periodo dove i grandi cambiamenti sembravano ancora possibili. Un salto nel passato per riprendere una scaletta impostata sui brani di quel periodo, che sapevano di sudore e di Guinness, amore per l’Irlanda e voglia di cambiare quell’Italia della prima Repubblica. Un’occasione per far festa insieme e riflettere su come, quanto e se, siano o meno cambiate l’Italia e la sua società in questi anni. Abbiamo intervistato Davide “DuDu” Morandi, voce dei Modena City Ramblers, per sapere cosa aspettarci dai concerti della band.

Nonostante i cambiamenti della formazione il vostro stile e il vostro messaggio non hanno subito variazioni, cosa ha contribuito negli anni a crearvi un’immagine tale da rendervi riconoscibili?
Il gruppo, fin dall’inizio, si è configurato come una band aperta ed è poi proseguito nel corso degli anni contraddistinguendosi per questa caratteristica; la cosa più importante, comunque, è il progetto che prosegue sempre al di là delle persone che salgono sul palco e che eseguono i brani. Nel corso degli anni c’è sempre stato qualcuno da salutare e qualcuno da accogliere nel gruppo.

Pensi che oggi ci sia un’artista o una band locale emergente e che ritieni possa crescere nell’immediato futuro?
Di gruppi validi ne incontriamo parecchi e, sulla scena romagnola, siamo rimasti molto colpiti da un artista giovanissimo di Forlì, Federico Braschi, che ha delle idee musicali molto interessanti interpretate con uno straordinario buon gusto.
C’è un gruppo o un’artista ai quali guardate sempre con particolare ammirazione?
Ce ne sono molti e sono quei “mostri sacri” a cui ci siamo ispirati e che hanno influenzato il gruppo fin dall’inizio come i Clash, Bob Dylan e Bruce Springsteen. Poi, durante i nostri tour, subiamo l’influenza di tanti gruppi italiani e stranieri che incontriamo.

I valori per cui lottavate in passato sono ancora attuali oggi?
Assolutamente si: brani che abbiamo scritto anni fa sullo scandalo tangentopoli o sulla mafia sono, purtroppo, ancora attuali. Nel corso degli anni il tipo di pubblico è cambiato però vediamo molti ragazzi, che all’epoca non erano ancora nati, ascoltare “I 100 passi” e poi andare a cercare notizie sulla morte di Aldo Moro e sul ritrovamento del suo corpo in via Caetani.

La canzone è ancora in grado di fare politica?
In realtà non dovrebbe farlo: la musica dovrebbe parlare di cose di cui non si parla tanto spesso. Fare politica non è il nostro mestiere: noi siamo Artisti con la “a” maiuscola e non politici; vogliamo fare musica che lasci qualcosa a chi la ascolta perché per noi è importante che i ragazzi ci ascoltino e che rimanga qualcosa delle nostre canzoni nelle loro menti.