Editoriale Tommaso Torri - Marzo 2011

Accendere la televisione e ascoltare la quotidiana dose di affabulazione proposta, aprire giornali e siti internet e seguire il tam tam di giornalisti che cercano di dare sempre nuove versioni della stessa notizia, collegamenti in diretta dei salotti televisivi dove gli esperti spiegano la loro visione della situazione; oramai la ricetta è sempre la stessa: prendere un fenomeno da baraccone e trasformarlo in fenomeno mediatico pur di riuscire a catturare l’attenzione di un pubblico-pecora sempre meno capace di ragionare con la propria testa.
Si passa dall’omicidio Scazzi, con l’espressione “zio Michele” diventata sinonimo di parente poco affidabile, alla scomparsa di Yara; le bellezze sotto la doccia del Grande Fratello vanno in coppia con l’eterno gossip Corona-Belen; padre Pio e il bunga bunga; Valentino Rossi e l’ultimo gadget telefonico uscito da Cupertino. L’elenco potrebbe andare avanti all’infinito e tutto si riduce a una sola cosa: far parlare i media e scatenare una vera e propria battaglia pur di riuscire a dare la stessa notizia sforzandosi, a rischio di diventare sempre più noiosi e ripetitivi, di inventarsi sempre nuovi aspetti.
Il fenomeno mediatico, però, è un animale assai strano: spesso nasce quasi per caso, se non per errore, e la sua vita è assai incerta e travagliata; agli allori e alla pubblicità del momento fanno seguito l’oblio più assoluto. Il fenomeno mediatico è la classica meteora che attira l’attenzione di tutti per un momento più o meno lungo ma, una volta passata, finisce nel dimenticatoio ed è come se non fosse più esistito; questo assioma è particolarmente vero nel mondo dello spettacolo – chi si ricorda i vincitori di Sanremo o dei reality? – ma anche nelle notizie di cronaca che adesso ci fanno stare incollati alla televisione ma che, appena verranno soppiantate da altri casi “clamorosi”, ci faranno inevitabilmente prendere il telecomando per cambiare canale.