Slide intervista Peppino Mazzotta Artista si nasce o si diventa?

Slide intervista Peppino Mazzotta Artista si nasce o si diventa?
a cura di Alessia Principe – Slide Cosenza
( alcune info tratte da www.mymovies.it )

Peppino Mazzotta, nato a Cosenza, studente di architettura a Reggio Calabria, si iscrive per caso a una scuola di recitazione a Palmi, segnando di fatto la sua vita con una delle passioni più grandi che lui abbia mai conosciuto: l'arte drammatica. In nome di questa, a Napoli, forma la compagnia Rosso Tiziano composta con 5 colleghi dell'Accademia di Palmi, con i quali ha lavorato in ben 10 anni di attività.
Il debutto al cinema con Prima del tramonto. Nel 1999, prende parte al suo primo film Prima del tramonto di Stefano Incerti, storia drammatica di un marocchino (Saïd Taghmaoui) promesso sposo alla figlia di un gangster che però decide di non maritare, preferendo invece fuggire con lei da tutt'altra parte. Accanto a lui, nel cast anche Ninni Bruschetta e Simona Cavallari. Dopo questo prenderà parte anche a Domenica (2001), Il pugile e la ballerina (2006),La velocità della luce (2008) e Cado dalle nubi. Nel 2003, torna a teatro con la nascita di una nuova compagnia autonoma, accanto a Francesco Suriano, Teatri del Sud, con la quale metterà in scena testi scritti in dialetto reggino fra cui "Nzularchia", "Illuminato a morte" e "Requiescat".
Il successo nel piccolo schermo. Spesso sul piccolo schermo, grazie alla sua faccia pulita, recita in fiction come Sant'Antonio da Padova (2002), ma anche in telefilm come R.I.S. – Delitti imperfetti (2007), Il capitano (2007), Per una notte d'amore (2008) di Vittorio Sindoni con Isa Barzizza e Roberto Farnesi e soprattutto Il Commissario Montalbano(1999-2008) con Luca ZingarettiCesare BocciRoberto Nobile e Katharina Böhm, all'interno del quale veste il ruolo dello sveglio e solerte ispettore Fazio.

Raccontaci di te. Chi è Peppino Mazzotta? Da dove arriva?
Peppino Mazzotta è una persona che tenta di coltivare le sue passioni ad ogni costo. Nato e cresciuto in un piccolo paesino dell’entroterra calabrese di circa mille anime , Domanico, in provincia di Cosenza, decide, ancora adolescente e incosciente, di voler fare l’attore.

Cosa porti con te di Domanico, paese nel quale sei cresciuto.
La maggior parte delle suggestioni che mi servono nel mio lavoro vengono dagli anni vissuti a Domanico. Il paese in cui nasci non lo porti con te, fa parte di te.

Qual è l’attore da cui hai tratto ispirazione?
Ce ne sono molti: Gian Maria Volontè, Salvo Randone, Carlo Cecchi, Leo de Berardinis, Carmelo Bene, sono solo alcuni. Ma in effetti quello che provo nei confronti di questi grandi artisti è un forte senso di gratitudine. L’ispirazione che ricavo dal loro operato fa parte di questa gratitudine.

Non venendo da una famiglia di attori e artisti cosa ti ha spinto ad entrare in questo mondo?
E’ difficile dire perché si decide di fare l’attore. Difficile dire se attori si nasce o si diventa. Io credo che ogni individuo è attratto da una cosa specifica più d’ogni altra. Tutti i suoi gesti e le sue azioni, anche inconsce, lo spingono ad onorare quell’attrazione. Io, a dire il vero, d’attrazioni ne ho avute più di una.
Prima la musica che mi ha visto studente di corno al conservatorio di Cosenza. Poi l’architettura all’università di Reggio Calabria; ma certamente la più significativa delle attrazioni è stata quella esercitata su di me dal palcoscenico.

E poi?
Ero un post-adolescente, confuso e inconsapevole quando incontrai a Cosenza un signore che tornato da Roma, luogo mitico per me allora, aveva deciso di formare una compagnia di teatro con maestranze locali. Questo signore si chiamava Luigi Dosia. Iniziai a fargli da assistente tutto fare; intanto imparavo la dizione, a montare filmati con la moviola, leggevo testi teatrali, vedevo film culto della cinematografia mondiale e ogni tanto, salivo anche sul palcoscenico come attore.

Hai avuto un mentore?
Luigi Dosia è stato il primo di una lunga schiera di maestri.
Persone costrette da un grande talento a fare il loro lavoro con dedizione, amore, accanimento, generosità, spirito di ricerca.
All’accademia d’Arte Drammatica di Palmi, che ho frequentato dal ’91 al ’93, c’erano Alvaro Piccardi, Daniela Bonsch, Dimitri Nicolau, Francis Pardeilhand, , Franco di Francescantonio, Pierre Byland, Erard Stiefel, Maurizio Gueli, Alejandra Manini, Eduardo Siravo e molti altri.
Poi sono arrivati Giorgio Albertazzi, Gigi dall’Aglio, Isa Danieli, Cristina Pezzoli, Giorgio Barberio Corsetti, Franco Però, Maurizio Donadoni, Massimo Popolizio, Elisabetta Pozzi, Leopoldo Trieste, Mario Martone, Luca Zingaretti,Luigi Burruano, Francesco Suriano e Toni Servillo.

Ti hanno aiutato?
A tutti loro devo molto. Tutti loro hanno costituito per me la spinta ad intraprendere questo mestiere. Da tutti loro ho appreso tanto, soprattutto attraverso quello che non mi hanno detto. Nella trasmissione del sapere, tra il maestro e il discepolo si istaura un codice ben preciso.

Saranno orgogliosi si te i tuoi “maestri”?
Non so se sono stato un buon discepolo, non so neanche se sono mai stato all’altezza dei mie maestri, quello che so è che ho rubato tutto quello che potevo.

La notorietà, verso il grosso pubblico è arrivata con la fiction “ IL COMMISSARIO MONTALBANO “ nella quale interpreti il ruolo dell’ispettore Fazio. Come è cambiata la tua vita da quel momento in poi?
La prima cosa che è cambiata nella mia vita con la notorietà è che la gente mi ferma per strada. E non solo per strada, ma anche al ristorante, al supermercato, in treno, in aereo, al cinema, ovunque; c’è chi chiede di scattare una foto con te, o più semplicemente stringerti la mano, o presentarti la moglie, il marito. Spesso mi chiedono : “Sei proprio tu?” , o ti sorride da lontano per farti capire che ha capito chi sei. Nel mio caso devo queste attenzioni principalmente al personaggio dell’ispettore Fazio.

Spesso reciti in dialetti che non ti appartengono; hai dovuto studiare per fare questo?
Per diversi anni sono stato ossessionato dal problema dell’italiano a teatro. Ed è per questo che sono andato a cercare i dialetti. Li ho studiati. La lingua italiana è una lingua burocratica , nata a tavolino, fredda; Annibale Ruccello la descrive perfettamente in “Ferdinando” quando fa dire alla sua protagonista Donna Clotilde che la lingua italiana è “na lingua straniera… barbara! Senza sapore, senza storia… ‘Na lengua senza Dio” Una lingua non organica. E’ quindi ostica, faticosa per il palcoscenico. Quando si scrive o si interpreta un personaggio ci si deve chiedere: Come parla? Quello che dice ci fa capire cosa pensa. Come lo dice ci fa capire chi è.
Se dovessi scegliere tra tv e teatro cosa sceglieresti e perché?
Non mi sono mai posto il problema di una scelta simile. L’importante è essere consapevoli che ogni mezzo procura stimoli precisi e ha bisogno di essere stimolato altrettanto precisamente affinché il risultato sia efficace.

Cosa attualmente ti piace del teatro italiano e cosa, invece, vorresti cambiasse.
Del teatro Italiano mi piacciono, gli attori, i registi, gli scenografi, i musicisti, i costumisti, i drammaturghi, i macchinisti, gli elettricisti. Non mi piacciono, invece, quelli che si occupano della politica culturale. Quelli che da anni alimentano e promuovono, con successo, l’idea che la cultura debba essere trattata come un prodotto. Non mi piacciono quelli che esercitano la politica culturale pensando che essa consista nel vendere quel prodotto con il massimo profitto possibile in termini economici, al pari di tutti gli altri.

Ci sarà una nuova serie del commissario Montalbano?
Si. Le riprese dei nuovi quattro episodi del commissario Montalbano – LA DANZA DEL GABBIANO,LA CACCIA AL TESORO, IL CAMPO DEL VASAIO, L’ETA’ DEL DUBBIO - tratti dagli omonimi romanzi Di Camilleri sono terminate lo scorso Agosto. La messa in onda su RAI UNO è imminente.