di Flavio Alagna - Slide Italia
Era il 2010 quando in Tunisia ebbe inizio
l’ondata di proteste note collettivamente come Rivoluzione
dei Gelsomini. L’anno seguente la caduta del Ben Alì, al
potere da 23 anni, e nel 2011 le prime elezioni libere nella storia
del Paese che portarono alla formazione di una Costituente con una
forte impronta islamista impersonata dall’Ennahda,
il primo partito tunisino.
Un’ondata di fervore religioso ha da allora investito la
popolazione, riportando nelle strade della capitale veli, nihab e
burqa, accessori che non si vedevano da tempo. A distanza di tre
anni, però, la Tunisia è tornata ad essere un paese profondamente
diviso, con una formazione progressista e laica, la Nida
Tounes, che ha raccolto transfughi del vecchio regime,
delusi provenienti da sinistra e moderati per sfidare l’avanzata
religiosa.
Solo leggermente infastiditi da un pugno di formazioni minori –
dall’estrema sinistra di Hamma Hammami al megalomane proprietario
di reti televisive Hechmi el-Hamdi – in questi giorni i due
sfidanti mostrano i muscoli in vista delle elezioni presidenziali,
previste entro la fine dell’anno, sebbene Ennahda abbia annunciato
di non voler presentare un candidato per prepararsi meglio alle
legislative, o forse perché nessuno era all’altezza
dell’avversario progressista Béji Caid Essebsi, dinosauro della
politica tunisina.
Nonostante la nuova costituzione tunisina abbia ridimensionato il
ruolo del presidente in favore di quello del primo ministro, la
figura del capo di stato è ancora vista come una chiave fondamentale
per la conquista del cuore dei tunisini e i risultati delle
presidenziali potrebbero rivelarsi la porta attraverso cui accedere
alle più decisive elezioni legislative. La tensione montata intorno
all’evento ha già fatto parlare di “Sindrome di
Cartagine” la stampa internazionale. Ciononostante il
livello di partecipazione dell’elettorato si prefigura in calo
(intorno al 50 per cento), sintomo secondo alcuni di una fase
riflessiva in attesa di fatti concreti.
Intanto sulle strade di Tunisi si susseguono le
manifestazioni civili, spesso molto blande, e intorno a ai luoghi
chiave del centro della capitale rimangono perennemente spiegate
forze dell’ordine, barriere e filo spinato. Ogni tanto dal sud
emergono voci di disordini, ma la vita nella capitale continua
imperterrita verso la riacquisizione della stabilità politica.
Città grigia e convulsa, Tunisi non ha decisamente il fascino
delle più ambite mete turistica del Mediterraneo arabo.
Sull’affollata Avenue Bourguiba si dispiega ciò che rimane
dell’eleganza architettonica importata dal colonialismo francese. A
chi si imbatte in questa vivace metropoli non resta che cercare un
po’ di incanto antico nell’estesa medina chiusa dalle imponenti
porte medievali, cercare ristoro verso la spiaggia de La Marsa a
quasi un’ora di treno del centro, assaggiare le speziate specialità
locali e contemplare il confondersi di usi e tradizioni nel colorito
mosaico della popolazione tunisina.