Editoriale Febbraio / Tommaso Torri



La crisi c’è o non c’è? Siamo, come si dice, alla canna del gas o ci sono ancora degli spazi di manovra?
Scrivo dopo essere rientrato da una settimana di vacanza all’estero e in autostrada, alla faccia dell’aumento della benzina e della supertassa per le auto di grossa cilindrata, le corsie sono invase da Suv e fuoriserie con gli automobilisti che spingono allegramente sull’acceleratore. Mi fermo in Autogrill e devo fare a gomitate tra intere famiglie, tutte rigorosamente ancora in tuta da sci, che comprano cianfrusaglie per i bambini più piccoli. Ed ecco che riaffiora l’immagine della montagna con i rifugi, i cui prezzi non sono certo a buon mercato, strapieni di sciatori che si abbuffano di polenta e capriolo. Dopo 10 giorni all’estero, col cellulare rigorosamente staccato e con quotidiani e telegiornali banditi, scoprire che gli ispettori del fisco hanno setacciato Cortina a caccia di evasori fa abbastanza ridere. Senza contare che, riaggiornandosi su che fine hanno fatto i propri conoscenti, si scopre che quasi tutti hanno approfittato delle festività natalizie per andare in vacanza e, adesso, sono tutti impegnati a postare su Facebook le foto scattate in località esotiche o in qualche località sciistica alla moda.

Per quanto indietro si possa guardare, inoltre, è difficile ricordare un solo periodo storico in cui gli attori politici non si siano lamentati, chi più, chi meno, dell’andamento dell’economia. Benché l’economia in quest’ultimo mezzo secolo abbia attraversato periodi anche prosperosi, nessun governante si è mai dichiarato interamente soddisfatto della situazione economica né ha mai smesso di credere nelle pseudo-virtù della crescita infinita.
Ma allora cosa dobbiamo fare? Credere a chi ci dice che siamo allo sbando o a quelli che sono appena tornati da 10 giorni di mare alle Mauritius? Piuttosto che curate, le crisi economiche dovrebbero essere piuttosto “analizzate”. Oggi più che mai vi è bisogno di una grande presa di coscienza collettiva delle aberrazioni del sistema e degli aspetti psicologici inconsapevolmente proiettati sull’economia. Solo così ci si può aspettare un’evoluzione realmente positiva della società che, senza proclami o escamotage forzati, prosegua per la sua strada naturale.