Il
capo si approfitta di me e mi ricatta. Se non sono “gentile”,
rischio il licenziamento.
a cura di Pina Li Petri - Psicoterapeuta
Dottoressa, mi sono ammalata perché
costantemente afflitta da atteggiamenti ricattatori del mio capo.
Sono una donna di 38 anni, separata con un figlio di 2 anni, il padre
non mi dà nulla per mantenerlo ed io faccio 2 lavori per andare
avanti. Nella società dove lavoro hanno licenziato 3 persone, molte
mie amiche hanno perso il lavoro nell’ultimo anno, tutto ciò mi ha
fatto sempre più impaurire tanto che una mattina … disperata …
ho parlato con il mio capo chiedendo rassicurazione rispetto al mio
posto di lavoro. Lui mi ha guardata dalla punta dei piedi fino alla
testa … lentamente e mi ha risposto che non correvo nessun rischio
se fossi stata più gentile con lui … Da allora ogni giorno mi
chiede di uscire con lui, di mettermi la minigonna per andare in
ufficio e spesso mi tocca, io mi allontano lamentandomi e lui mi
ricorda che rischio il posto di lavoro. Per disperazione mi sono
venuti gli attacchi di panico e una volta mi hanno portata anche al
pronto soccorso e mi sono messa in malattia perché sono in preda
all’ansia e non riesco a dormire ma fra 4 giorni devo ritornare e
non so cosa fare …
Gentilissima lettrice lei è vittima di
stalking ossia una serie di atteggiamenti tenuti da un soggetto che
tormenta un altro soggetto perseguitandolo a tal punto da generargli
stati d’ansia e di paura tali da compromettere la sua capacità di
affrontare la sua solita quotidianità. La parola stalker è
traducibile come “cacciatore all’agguato”, “chi avanza
furtivamente”, nel suo caso il gioco è più nell’aumentare la
sua paura se non accetta le molestie o le proposte fatte in una serie
di escalation fino ad arrivare addirittura agli attacchi di panico.
Lo stress della separazione, la precarietà economica e la crisi
sociale hanno favorito un vissuto di preoccupazione tale da generare
in lei preoccupazione ed insicurezza a tal punto da divenire terreno
fertile per chi in quel ha potere sulla vita di altri. Per affrontare
al meglio il suo problema è necessario avere delle conoscenze
appropriate che le permettono di sentirsi in grado e capace di
risolvere il suo problema.
Chiediamo il parere della mia
collega ed amica Marcella Marra, sindacalista, economista e sociologa
del lavoro.
Ringrazio la dott.ssa Li Petri, che ha
perfettamente inquadrato il problema della lettrice: lo stalking sul
suo luogo di lavoro che le sta creando un disagio e un danno
esistenziale, tanto da invadere la sua vita privata. Dal 2009 anche
la legge italiana lo riconosce come reato penale e come tale può
essere perseguito. Il mio consiglio è quello di denunciare il suo
capo, senza paura di perdere il suo posto. Un’azienda sana, pur in
un momento di grave crisi, non può che apprezzare responsabilmente
il coraggio di chi fa valere le proprie legittime ragioni: un capo,
per quanto competente possa essere, se usa il suo potere per
perseguitare il personale rischia di perdere la fiducia dei
proprietari dell’azienda stessa, la quale ha tutto l’interesse a
risolvere la situazione in favore della vittima. La legge le concede
sei mesi di tempo dal momento in cui si sono svolti i fatti per
recarsi presso un qualsiasi ufficio della Polizia di Stato o dei
Carabinieri e presentare una denuncia-querela dove viene descritta la
condotta dello stalker, fornire le sue generalità e possibilmente
portare prove concrete, come ad es. testimoni fidati, e-mail, SMS,
registrazioni, telefonate a viva voce ascoltate da altri o una porta
lasciata socchiusa… Il reato è punibile, a querela della persona
offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, oltre alla
richiesta di risarcimento del danno subito, che nel suo caso è di
tipo esistenziale.