di Giuseppe Scarpato - Slide Italia
Uno dei trend
nel marketing musicale al momento è l’unione di tutta una serie di
artisti della scena indie di qualsiasi genere con i grandi nomi del
mainstream. Uno di questi è Sia Furler, cantautrice australiana il
cui nome è diventato una “garanzia” dopo aver scritto canzoni di
successo per molti colleghi (tra i quali c’è anche Eminem) ed aver
recentemente firmato la colonna sonora dei mondiali di calcio per
Jennifer Lopez e Pitbull. La sua carriera parte nel 1997, in
Australia quando uscì l’album “Only see” che le permise in
seguto di firmare un contratto con la Sony e farsi conoscere in altri
paesi. Nel tempo ha sviluppato uno stile musicale eclettico, dato
dalla fusione di jazz e “downtempo” (genere basato su sonorità
morbide e rilassanti) spesso collegati all’elettronica o al pop più
concettualista. La particolare vocalità ricca di dramma di Sia,
sposa perfettamente i testi delle sue canzoni, basati il più delle
volte su storie sentimentali descritte attraverso una serie di stati
emotivi che vanno dal pessimismo al sarcasmo, con particolare
attenzione all‘uso della metafora. Ha di recente intrapreso la
professione di autrice, svolta che le ha dato incredibilità
visibilità insieme alla collaborazione con David Guetta per la hit
“Titanium”, dove le poetiche liriche della cantante e le
influenze house del Dj hanno concepito uno dei pezzi più ballati e
venduti del 2011. Uno dei primi artisti che desiderò adottare il suo
stile fu Christina Aguilera, per la quale Sia scrisse l’intensa
ballata “You lost me” (contenuta nell‘album di Christina,
“Bionic“), e una traccia inclusa nella colonna sonora del film
“Burlesque”. Successivamente ha firmato “Diamonds” di Rihanna
che ha dominato le classifiche mondiali per molti mesi consacrando
definitivamente le sue abilità di song writer, e collaborato ad
almeno una traccia dei recenti album di Katy Perry, Flo Rida, Celine
Dion e Ne-yo. Su queste basi arriva adesso il nuovo album, il sesto
di inediti, intitolato “1000 forms of fear” (Rca) che ha
debuttato direttamente al primo posto della prestigiosa Billboards
200 (la classifica ufficiale degli album più venduti negli Stati
Uniti), regalando a Sia la sua prima numero negli Usa. Il nuovo lp,
composto da 12 tracce tutte co-scritte da lei e prodotto quasi
interamente da Greg Kurstin, si presenta come un riassunto ben
assortito di quanto già fatto per altri. Non che questo sia un male,
tuttavia pur conservando la giusta dose di creatività “che
guarda all’avanguardia” questa volta il rischio, la novità e il
fascino dell’inconsueto lasciano il posto a una serie di canzoni
dalla produzione impeccabile ma che a tratti finiscono per
auto-citarsi nel già affollato parterre di composizioni della loro
autrice, risultando alla fine una sorta di celebrazione della “Sia
reduce dai successi scritti per altri”. Detto questo sono diversi i
momenti, anche in questo disco un pò meno coraggioso, che mettono in
luce le sue abilità nel costruire situazioni musicali dal grande
fascino autorale. Il primo singolo estratto, “Chandelier”
amplifica al meglio questo concetto, anche se qualcosa suona “troppo
Rihanna” e il beat già sentito avvilisce la composizione sofistica
del pezzo. In “Elastic heart” si riavverte Rihanna (e un po’ di
Katy Perry) anche se in generale sono le ballate e i pezzi lenti che
permettono alla Furler di raggiungere l‘apice. Da segnalare in tal
senso; “Eye of the needle” e “Big girls cry”, oltre a
“ballate più energiche” come “Fire meet gasoline” e “Dressed
in black”, mentre “Burn the pages” si potrebbe definire una
“up-tempo dark” ed è il secondo singolo estratto dal progetto.
Alla fine sarà che la ripetitività finisce per minare nel tempo la
qualità delle cose, sarà che a molti altri artisti è capitato in
passato di figurare fin troppo nelle cose di altri diventando un
cliché (tra i tanti, come non citare Timbaland), fatto sta che messo
a segno questo ennesimo successo ci si aspetta che la cantautrice
rimetta mano al canovaccio creativo e ricominci a concentrarsi sulla
sua musica, prima che la smania della “collaboratrice a tutti i
costi” danneggi il suo universo musicale fino ad oggi elegantemente
appartato.