Si
avvicinò al mondo dello spettacolo, a soli 15 anni accompagnata
dalla madre.
di
Fabio Buffa - Slide Italia

67
anni fa, in un paesino della Calabria, nasceva quella che sarebbe
diventata una degli artisti più popolari e amati nel panorama
musicale italiano ed internazionale. Una cantante con una voce
straordinaria. Voce, che sapeva essere dolce e aggressiva, calda e
“metallica”, profonda e leggera. Leggera come una delle sue prime
canzoni: “Ed ora che abbiamo litigato”; il testo, su una
musica dal ritmo “surf” , era un misto di ingenuo sentimentalismo
adolescenziale e voglia di non prendere troppo sul serio un litigio
tra fidanzatini. Ma questa interprete (di se stessa e dei migliori
autori che la scena nazionale abbia proposto negli ultimi
cinquant’anni) dopo un avvio di carriera da giovanissima
cantante leggera, seppe far diventare grandi e immortali canzoni che
rimangono indelebili icone nella storia della musica.
Parliamo
di Mia Martini, al secolo Domenica Rita Adriana Bertè. Un’artista
che quando il 12 maggio del 1995 si spense nel proprio alloggio di
Cardano al Campo, lasciò una voragine nel panorama musicale
italiano.
Mimì,
così la chiamavano fin da bambina in famiglia, nacque a Baganra
Calabra il 20 settembre 1947 e aveva tre sorelle: Leda, Olivia e
Loredana. Quest’ultima è un’altra straordinaria icona della
canzone italiana, la Bertè appunto, personalità geniale e
trasgressiva, che al pari della sorella Mia ha saputo interpretare (e
interpreta tutt’ora) tre generazioni musicali.
Mia
Martini sente subito la passione per il canto: piccolissima si
trasferisce con i genitori (che facevano gli insegnanti) nelle
Marche, a cinque anni inizia a studiare pianoforte, a dodici
passa al Jazz.
A
quindici anni si fa accompagnare dalla madre a Milano, per tentare
l’impresa di entrare nel mondo dello spettacolo dalla porta
principale.

Il
discografico Carlo Aberto Rossi è affascinato dalla bravura di Mimì
e dalla sua “freschezza” e le propone di entrare a far parte
delle ragazze Ye-ye. Questo strano termine deriva dalle
sillabe che venivano aggiunte, spesso sistematicamente, negli
adattamenti fatti frettolosamente nei successi rockettari e swing
americani. Il termine ye-ye prima rappresentò uno stile musicale,
poi con esso vennero chiamati gli artisti che appartenevano al mondo
della musica leggera, orecchiabile e dai testi poco impegnativi.
Mia
Martini, che allora si faceva ancora chiamare Mimì Bertè, da
ragazza Ye-ye incise i primi 45 giri, dischi che contenevano due
canzoni. “Ombrello blu”, “Come puoi farlo” ed “Il magone”,
sono alcuni dei suoi primissimi lavori. Ma uno spirito libero e
indipendente come Mimì, con una spiccata vena interpretativa e con
la capacità naturale di esprimere uno stile geniale e trasgressivo,
le rendevano stretti i panni della ragazzina acqua e sapone, contante
di brani frivoli e dai testi scontati. Così, dopo un paio di anni in
cui sembrava essersi eclissata, Mia Martini (con la sorella
Loredana), si trasferisce a Roma dove stringe rapporti con artisti
d’avanguardia. I confronti con questi cantanti la fanno maturare
artisticamente. Tra questi c’è un giovane intraprendente, un po’
strano, che veste abiti eccentrici anche per andare a prendere il
caffè al bar. Si chiama Renato Fiacchini; diventerà Renato
Zero.
Nel
1970 Mimì incontra il discografico Alberigo Crocetta, il fondatore
del mitico locale Piper, che la fa entrare nella casa discografica
RCA, proponendole di cambiare nome: da Mimì Bertè a Mia Martini.
Mia, come l’attrice Mia Farrow e Martini come il cognome italiano
più noto all’estero, anche grazie alla marca del liquore, che
faceva tanto tendenza. Nel 1971 incide “Padre davvero”:
è una struggente storia di un conflitto generazionale tra padre e
figlia. La censura non ammette una canzone in cui si mette in
discussione l’integrità della famiglia e il brano viene
“occultato”, ma ciò non gli impedisce di vincere il Festival
della musica d’avanguardia di Viareggio. Questa canzone viene
inserita nel LP “Oltre la Collina”. Nel 1982, in una intervista
rilasciata ad Enzo Tortora, Mia Martini su questo lavoro confida:
“Non ho mai creduto che “Oltre la collina” avesse successo. Era
un disco tutto mio. Ho voluto scrivere un LP che rappresentasse la
storia di una donna, a tratti autobiografica. Questo lavoro vendette
poco, perché i miei testi erano forti, si parlava di amore, di
sesso, di violenze famigliari; e tutto ciò veniva censurato.
Pensate che nel testo c’era la parola “amante” che la Rai non
voleva. Mi chiesero di cambiarla e io mi rifiutati”.

Nel
1972 Mia Martini incide “Piccolo Uomo” un successo, scritto da
Bruno Lauzi. Questa canzone esce in un 45 giri con l’altro pezzo,
titolato “Madre”, e con questo lavoro Mia vince il Disco d’oro,
per il numero di vendite.
Ma
non finisce qui: il secondo disco d’oro arriva nel 1973 con
“Minuetto”, scritta da Franco Califano. Nel 1974 la critica
considera Mia Martini la cantante dell’anno, il successo si estende
anche all’estero ed in Francia è paragonata ad Edith Piaf. Durante
un concerto tenuto a Parigi, l’artista di Bagnara Calabra viene
notata dal grande cantante e attore francese Charles Aznavour, che
viene colpito dallo stile originale di Mia e le chiede di affiancarlo
in alcuni concerti all’Olympia della capitale francese.
Sul
finire degli anni settanta inizia la storia sentimentale e artistica
con Ivano Fossati, che le scriverà diverse canzoni. Il rapporto con
il cantante genovese è forte e conflittuale, tra due personalità
geniali. I due si lasciano dopo qualche anno, e Mia Martini, anche
per problemi di salute, esce per qualche tempo dalle scene.

Per
tornarci a furor di popolo nel 1982 quando al Festival di Sanremo
propone un brano proprio di Fossati, “E non finisce mica il cielo”:
questa canzone parla della fine di una storia d’amore, in cui si
soffre e si sente la mancanza della persona amata, ma in fondo la
vita continua e Mia Martini si chiede come sarà il suo futuro dopo
la fine di questo amore. Questo pezzo non vince il Festival, ma
incanta i giornalisti, che decidono di dar vita al premio della
critica proprio per offrire un riconoscimento a Mimì.
Dopo
un buio periodo Mia Martini nel 1989 torna al Festival con “Almeno
tu nell’universo”, una delle canzoni più conosciute nel panorama
musicale italiano, che ottiene in quell’anno il premio della
critica. Mia Martini conquisterà questo riconoscimento per la terza
volta nel 1990 con “La nevicata del ‘56”.
Nel
1991 apre una serie di ambiziose iniziative: propone in versione jazz
diversi brani di cantautori italiani, come Battisti e Pino Daniele.
Poi esprime tutto il proprio amore per Napoli, collaborando con
Roberto Murolo ed Enzo Gragnaniello, cantando tra gli altri lo
splendido successo “Cu’mme”.
Nel
1992 torna al Festival con “Gli uomini non cambiano”. In questo
periodo recupera il rapporto con la sorella Loredana: il ritrovarsi
sotto il profilo famigliare, sfocia in una collaborazione artistica
suggellata nel 1993 con la partecipazione a Sanremo con il brano
“Stiamo come stiamo”, dove le sorelle duettano in una esibizione
straordinaria, efficace nel trattare le contraddizioni sociali
dell’epoca. Comunque, sentendola ora, “Stiamo come stiamo”
rimane qualcosa di attualissimo.
Dopo
un’altra collaborazione con Enzo Gragnaniello e Roberto Murolo (con
cui inciderà la bellissima “Vieneme”), nel 1994 esce “La
musica che gira intorno”, dove Mimì interpreta in modo magistrale
alcune tra le più belle canzoni di cantautori classici italiani (De
Andrè, Vasco Rossi, Ivano Fossati, Zucchero…).
Il
12 maggio del 1995 nella sua casa di Cardano al Campo, vicino a
Varese, viene trovato il corpo senza vita di Mia Martini. Le voci e
le leggende metropolitane sulle cause della morte creano un velo di
mistero, come del resto accade per molti Grandi che se ne vanno.
Non
vogliamo però entrare nei pettegolezzi e nelle chiacchiere, che
hanno insistito troppo spesso sulla vita (e perfino sulla morte) di
Mimì, dovute anche dall’invidia nei confronti di un’interprete
troppo brava e intellettualmente “libera” per non essere
scomoda.
Vogliamo
citare le parole con cui il giornalista Mario Luzzato Fegiz
accompagna i giorni dopo la morte di Mimì, sul Corriere della Sera:
“è stata l’unica cantante importante della generazione
successiva a Mina, Milva e Vanoni (…)Taluni la consideravano
bizzosa e capricciosa, in realtà era soprattutto una perfezionista
dotata di umanità, altruismo e fantasia”.
L’ultimo
suo singolo si chiama “Viva l’Amore”, l’ultimo suo LP,
parafrasando una canzone di Fossati, “La musica che mi gira
intorno”: sono due titoli che rappresentano in modo emblematico Mia
Martini.